E’ in questi tempi di covid-19 e paura generalizzata, il  concetto di conflitto tra razionalità e umanità in medicina assume  sempre più nuove forme sociologiche che meriterebbero attento studio, soprattutto da parte di chi è preposto all’organizzazione degli ospedali. I medici  non possono più limitarsi ad ascoltare e visitare i loro pazienti allo scopo di diminuire le loro paure, di dare spazio alla speranza, di spiegare i sintomi e le diagnosi in un linguaggio adatto al particolare momento, per testimoniargli coraggio e resistenza e per accompagnarli nella sofferenza. Devono andare oltre. Devono umanizzare la zona grigia. Il paziente covid deve sapere che potrà ricevere una carezza, sebbene sedato, incosciente e intubato, da chi lo ama e che pertanto non sarà mai solo nella battaglia per la vita. Il famigliare deve sapere che potrà “vegliare” e “vigilare” sul proprio caro proprio perché il rapporto di umanità non può essere completo senza una stretta interazione nella formula: paziente + medico + parente.

La risposta è nella somma mai nella sottrazione.

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